Estratto da: Eris – Una Dea in Accademia

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Prologo

Era una bella giornata, nuvolosa e plumbea, quando finalmente entrammo nel grandioso parco che faceva da confine a quella che sarebbe diventata la mia prigione per i successivi 365 giorni. Gli umani chiamavano questo posto “Accademia Leanthe”.

Ancora non ci credevo. Avrei dovuto passare un anno qui sulla terra, solo per punizione! Non solo non era giusto, ma era anche una vergogna, un oltraggio e un disonore, costringere me, a frequentare una scuola per umani all’interno di un corpo umano.

Quella scatola di ferro che veniva chiamata limousine, si fermò di fronte a una maestosa scalinata bianca.

L’accademia che avrei frequentato era considerata dagli umani un college di alto livello per ricconi e geni. Ma a me non poteva fregare di meno. Ancora non capivo perché proprio in una scuola. A cosa mi sarebbe servito studiare, quando ero una dea? Non sopportando ulteriormente di stare ferma, scesi dalla macchina, o almeno ci provai. Sulla portiera c’erano una serie infinita di pulsanti colorati. Qual’era quello per la portiera? Non ero mai salita su un carro funebre così accessoriato! Sbuffai e mi sforzai di ricordare quale bottone dovessi premere per uscire, senza confonderlo con quello per il caffè, la musica, il finestrino, l’aria condizionata, il massaggio dentro la poltrona, le noccioline per me e i croccantini per il cane, che ovviamente non avevo fatto salire al mio fianco.

Non feci in tempo a trovare il bottone nero con il disegnino bianco di una freccetta, che l’autista mi venne ad aprire la porta. Rimasi bloccata a osservarlo. Ma mi credeva stupida? Con che coraggio, si era permesso di venirmi ad aiutare credendo che non potessi farcela? Scesi dall’auto.

-Buona giornata signorina- mi disse.

-Anche per lei, visto che da oggi dovrà trovarsi un nuovo lavoro- dissi sorridente. Non sprecai un secondo in più e, con la borsa sottobraccio, mi avviai verso la figura che stava sulle scale.

Mentre il mio autista tirava giù le valigie mi venne incontro quella donna.

-Buongiorno signorina Theos. Io sono la vicepreside…- inarcai un sopracciglio e non ascoltai più. Mi guardai in giro. La scuola sembrava molto grande, il giardino era curato e l’acqua della fontana era limpida. Sorrisi, ce n’erano di cose da sistemare. Troppo perfetto. Starnutii, la mia allergia cominciava a farsi sentire.

Decisi di interromperla con qualcosa che mi interessasse.

-E quindi dove si trova la mia stanza?-

Apparve un po’ spaesata, ma mi fece un sorriso, come se capisse la mia impazienza. Come poteva cercare lei, di capire me?

Nessuno sapeva della mia vera natura, tanto per evitare di sconvolgere la vita a quei poveri esseri, quindi purtroppo dovevo incarnare la figura di una giovane figlia di papà viziata in tutto. Mi riusciva anche bene.

-Venga da questa parte- mi disse girandosi e salendo le scalinate fino a raggiungere il portico in marmo.

Mi voltai verso l’autista e feci segno con la testa di seguirci.

-Questa scuola ha una lunga storia e…-

-Capitelli corinzi e un fregio sul mito di Troia…- dissi io interrompendola nuovamente, tenendo lo sguardo fisso sul fregio.

-Esatto. Paride scelse Afrodite come dea più bella, poiché gli aveva promesso in cambio l’amore della donna più bella al mondo: Elena…- continuò lei, cercando di spiegarmi cose che sapevo benissimo. Le avevo vissute in prima persona.

-Lei sa di chi è la causa di tutto ciò?- chiesi io con un moto di sfida. Vediamo fino a quando si spingevano le conoscenze della donna. Lei sorrise bonariamente e rispose:

-Certo. A istigare le dee al litigio è stata la dea della discordia, Eris-

“Eris-una dea in Accademia, Elena Lucia Zumerle”

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