Buon pomeriggio lettori!
Come prosegue la vostra pausa pranzo?
Oggi voglio presentarvi quattro novità Mondadori in uscita il 4 aprile!
Rosamaria è una donna piena di risorse. Single impenitente,
razionalista, illuminista, ha perseguito con determinazione
le sue passioni, ha rifiutato di impiegarsi nell’azienda di
famiglia ed è diventata regista teatrale, con tutta la fatica
che ciò comporta in tempi di crisi e di tagli alla cultura. Uno
dei suoi motti è: “troppa religione fa male, qualunque essa
sia”. Peccato che poi si sia innamorata di David, di famiglia
ebraica tripolina osservante, da cui ora, a quarantadue anni,
aspetta il piccolo Arturo. Rosamaria vive tra due fuochi: gli
Shabbat e i pasti rigorosamente kasher con la famiglia del
compagno e i pranzi domenicali molto romaneschi e
tendenzialmente impuri preparati invece da sua madre, che,
abituata ai modi spicci e all’autonomia della figlia, mal
sopporta di vederla così arrendevole nei confronti del
compagno. I Cecchiarelli e i Fellus formano loro malgrado
una famiglia allargata chiassosa e impegnativa, nella quale
Rosamaria – il neonato in braccio, la sceneggiatura di una
nuova commedia in borsa – si muove con grazia e
concretezza, senza prendersi mai troppo sul serio, cercando
di rendere tutti quanti felici. Sullo sfondo, la crisi
economica ormai endemica che qualche anno prima ha
portato al fallimento il mobilificio della famiglia
Cecchiarelli. Da allora, il fratello maggiore di Rosamaria –
forse responsabile del tracollo – ha fatto perdere le sue
tracce, ma le ricerche continuano. Da una giornalista di
grande esperienza nonché drammaturga brillante, un
romanzo straordinario, che, pur conquistando subito con i
toni leggeri da commedia, mette in scena con efficacia la
complessità, le tensioni e le contraddizioni dell’attualità,
attraverso lo sguardo limpido e disincantato di Rosamaria,
una protagonista femminile nella quale è un piacere
identificarsi: una donna forte, intelligente, ironica,
innamorata, capace di apprezzare tutti i piaceri della vita.
Il Morrison Café è il tempio della scena musicale alternativa
romana, e qui il giovedì sera suonano i Bangers, vent’anni e un
rock “come un cielo sterminato e altissimo, bianco di nuvole
trascinate via da un vento violento”. Lodo è il cantante. Grande
talento e un’assodata allergia al palcoscenico, occhi azzurri
magnetici e un’energia irrequieta che attende di potersi
sprigionare, se solo lui sapesse come farlo. Lodo è innamorato di
Giulia, una delle sue coinquiline, a Roma per studiare recitazione
e cercare di sfondare come attrice, una ragazza bella e
carismatica che con la sua sola presenza è in grado di mandarlo
in tilt e azzerargli i pensieri. Libero Ferri è un cantautore pop che
un tempo riempiva gli stadi, ma dopo un paio di dischi sbagliati
non riesce a venir fuori da un terribile blocco creativo. Il
successo gli ha assicurato il benessere e una villa dotata di una
sala d’incisione super accessoriata, in cui trascorre giornate
frustranti a caccia di un’ispirazione che pare svanita. Accanto a
lui Luna, la sua bellissima moglie, affermata press agent, sicura
di sé, che da anni lo sostiene, ma che Libero teme di perdere,
come ha perso il successo e la fama. Una ragione in più per
cercare di mettere a segno il Grande Ritorno. Lodo sente che il
mondo è là fuori, pronto a essere conquistato, ma talvolta gli
sembra impossibile persino provarci. Vorrebbe essere più simile
a Giulia, che affronta la grande città con coraggio, nonostante
una famiglia lontana e ostile. Libero dal canto suo teme che il
meglio per lui sia passato, ha bisogno di tornare a credere in ciò
che fa, di ritrovare il se stesso di una volta. Luna invece vorrebbe
spingerlo a vivere guardando avanti, magari mettendo al mondo
un figlio. Strade che parrebbero destinate a non incontrarsi mai,
quelle di Lodo e Libero, ma quando invece si incrociano, ecco
scoccare la scintilla in grado di rimettere tutto in gioco. Tra
amori e tradimenti, concerti travolgenti, party lussuosi,
incomprensioni e riconciliazioni, successi, fallimenti e colpi di
scena, i protagonisti si troveranno a fare i conti con i propri punti
di forza e le fragilità, e a compiere scelte che condizioneranno le
vite di tutti.
Coniugando talenti e temperamenti in una jam session inattesa e
sorprendente, Federico Zampaglione e Giacomo Gensini danno
vita a un romanzo fresco, generoso e pieno di ritmo, che racconta
l’amicizia, i sogni e le passioni di donne e uomini di generazioni
diverse, disperatamente, come tutti, alla ricerca della felicità .
Con quest’uomo ci andrei a letto. Gli ho detto poco più che
buongiorno, eppure la parte più segreta di me, quella che sfugge
al mio controllo, ha già espresso il suo giudizio. Lui mi tiene
aperta la porta della sala riunioni e persino questo piccolo gesto
di cortesia mi sembra carico di significato. Non posso credere di
essere a un passo, un solo piccolo passo, dall’aggiudicarmi la
casa che lui, Edward Monkford – un innovatore, un architetto
riservato e profondo –, ha progettato e realizzato in Folgate
Street, civico 1, Londra. Una casa straordinaria. Un edificio che
coniuga l’avanguardia europea ad antichi rituali giapponesi.
Design minimalista di pietra chiara, lastre di vetro insonorizzate e
sensibili alla luce, soffitti immensi. Nessun soprammobile, niente
armadi, niente cornici alle finestre, nessun interruttore, nessuna
presa elettrica. Un gioiello della domotica, dove tutta la
tecnologia è nascosta. Una casa che però ha le sue regole, il
Regolamento come lo chiamo: se diventerà mia non dovrò
soltanto rinunciare a tappeti, fotografie alle pareti, piante
ornamentali, animali domestici o feste con gli amici, ma dovrò
plasmare il mio carattere, accettare una concezione della vita in
cui il meno è il più, in cui l’austerità e l’ordine sono la purezza, e
la sobrietà la ricompensa. Perché lui vuole così, perché lui è così.
Ha voluto sapere tutto di me, mi ha chiesto un elenco di tutte le
cose che considero essenziali per la mia vita. Dicono che
quest’uomo, dai capelli di un biondo indefinito e dall’aspetto
poco appariscente, con gli occhi di un azzurro chiaro e luminoso,
sia un architetto eccezionale perché non cede a nessuna
tentazione. Tuttavia, la casa è già stata abitata, una volta. Da una
ragazza della mia stessa età, quasi una mia gemella, mi hanno
detto. Anche lei, come me, non insensibile al fascino di
quest’uomo. Una ragazza che tre anni fa è morta. In questa casa.
Raffinato e avvincente nei capovolgimenti di scena, affascinante
nei congegni della suspense, inesorabile nella costruzione della
psicologia ossessiva che lo domina, La ragazza di prima ha
subito suscitato clamore in tutto il mondo. Venduto in 39 paesi,
acquistato dalla Universal (Ron Howard, regista), il thriller è
immediatamente balzato ai primi posti delle classifiche inglesi e
americane, imponendosi come la novità assoluta della stagione.
Per chi ci lavora, a contatto con il dolore delle persone, il pronto
soccorso di un ospedale è una trincea quotidiana, una frontiera
sospesa tra la malattia e la salvezza.
Pierdante Piccioni, però, non è un medico qualunque. Nel 2013, a
causa di una lesione alla corteccia cerebrale ha perso la memoria e si
è risvegliato dodici anni prima della realtà che stava vivendo. Dodici
anni inghiottiti in un buco nero. Da lì è ripartito con fatica, tra
depressione e rabbia, e ha combattuto con tenacia per riconquistare
la propria vita, i propri affetti, il proprio posto nel mondo. Lui, il
dottor Amnesia, ora è di nuovo un primario di pronto soccorso. Ma
adesso che è in prima linea, resta ancora un paziente costretto a fare
i conti con la disabilità, ed è forse questo ad avergli fatto maturare
una nuova empatia nei confronti di chi è malato: ne conosce le
sofferenze, ne comprende il disagio dinanzi a quell’elefantiaco
«emporio della salute» che è l’ospedale. Avendo vissuto tutto ciò
sulla propria pelle, in ogni occasione cerca di comportarsi come
avrebbe voluto che i medici avessero fatto con lui, una condizione
che se da un lato lo premia, dall’altro emotivamente lo sfinisce.
Scenario del suo ostinato lottare contro vecchi schemi e abitudini è il
pronto soccorso, un luogo di confine dove le vite di molti, con le
loro incredibili storie, sembrano incrociarsi senza un senso
apparente, paradigma di una società nella quale lo stesso Piccioni
spesso si sente un reduce senza futuro, costretto ad aspettare ancora
il miracolo più grande, quello che gli deve restituire, insieme alla
memoria, tutte le emozioni perdute e il senso di un’esistenza da
riallacciare. Ma forse quel miracolo è semplicemente un segreto che
sta dentro di noi. È la passione di vivere, la stessa passione che lo
spingerà ad andare oltre il suo ruolo di primario, per inventarsi un
nuovo lavoro, occupandosi dei pazienti più fragili, dei più soli, degli
ultimi. Di quello che lui è stato e che, in fondo, ancora lo definisce:
essere «diversamente normale».